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LUME – Clowns

Febbraio 4 @ 17:00

LUME
Uno spettacolo di Filippo Bonacchi

Regia di Athos Mion
Attori in scena: Filippo Bonacchi, Carlo Merico, Federico Gelarducci

La storia

Un gomitolo che si dipana lungo il sentiero della vita di tre protagonisti, che tra scontri e avvicinamenti, tra curiosità e diffidenza, tra morte e vita si scoprono molto legati l’uno all’altro. Tre fratelli, non di sangue ma di esperienze, ritornano in uno spazio che sa di casa per trovare un lume, un conforto, un amore. Ma una volta arrivati si accorgono che ciò che cercavano manca. Iniziano quindi i loro stravaganti tentativi per riaccendere il Lume, che li porterà ad aggrovigliare la matassa.

Ma, proprio quando meno se lo aspettano, la guerra da cui fuggono li raggiunge. Così il filo del gomitolo che si dipana per la scena si trasforma da iniziale ostacolo in strumento che avvicina i tre protagonisti, o per meglio dire le diverse anime che vivono dentro ognuno di noi in eterno conflitto non solo con il mondo esterno ma anche con quello interiore. Lo spettatore sarà riportato ai suoi ricordi attraverso gli stimoli poetici, bilanciati con l’umorismo della clownerie, facendo sì che si crei un filo narrativo chiaro ma aperto, dove ogni persona del pubblico potrà fare il proprio viaggio dentro la storia.

La ricerca musicale

Una ricerca che ha come fonte il meraviglioso brano “Lume, lume”, un canto tradizionale rumeno interpretato da Maria Tănase (1913-1963) che farà viaggiare lo spettatore attraverso la musica zingaresca, balcanica, carpatica. La parola “lume” in rumeno significa “mondo” ed il brano parla di come questo mondo sia un sistema in continuo movimento. La musica come lo spettacolo infatti, tocca temi come la guerra, la fame, il rapporto con i genitori, la lontananza da qualcuno o qualcosa. Ma, al di là della sofferenza, la musica si propone come faro di speranza, ultimo baluardo di unione in un mondo difficile. Il testo di “Lume, lume” ha origini popolari e lontane, ma l’interpretazione classica del brano è quella di Maria Tănase, forse la più grande cantante rumena, le cui prime opere vennero distrutte dai fascisti antisemiti della Guardia di Ferro, nel 1940. E sarà proprio grazie a questa voce potente, a spingere ancora di più le suggestioni suscitate da un impianto scenico coinvolgente, divertente e talvolta toccante.

Ma perché clown?

L’intero progetto nasce dalla voglia di esaltare la potenza della figura del Clown, poetica e tenera ma sulla quale vengono scaricati problemi che non gli appartengono, rendendolo quasi un capro espiatorio. La scena infatti, sarà abitata da questi tre clown che si alterneranno reciprocamente i tre “tipi” (clown bianco, clown triste e Augusto), che sono alla base della costruzione di ogni singola dinamica scenica. Consentendo così di evidenziare ancora di più i tratti delle individualità dei protagonisti che si riveleranno ed evolveranno nel corso dello spettacolo. Sono partito con il processo creativo e compositivo dalle emozioni suscitatemi da 3 elementi: il film “I Clown” di Federico Fellini; una ricerca sulla tenerezza, la sensualità e l’amore intitolata “D’amore si vive” di Silvano Agosti; e Maria Tănase con i suoi testi. Questi tre elementi intrecciati insieme hanno dato vita a Lume, uno spettacolo in grado di colpire prima la pancia dello spettatore, poi il cuore ed infine la testa. Il motore per la creazione del tema di fondo e delle scelta del linguaggio della clownerie, è stata un’affermazione fatta da Tristan Rèmy nel film di Fellini, il quale constatava in maniera molto cruda la fine del circo e specialmente dei clown.

A mio avviso per essere il 1970 non aveva tutti i torti, ma adesso nel 2022 dopo un periodo insolito che ci ha messo a dura prova come esseri umani, penso in maniera estremamente convinta che ci sia bisogno di tornare a sentire quale sia il peso di una lacrima di gioia, o di nostalgia, oppure di dolore. Sento la necessità di percepire gli altri e noi stessi come persone vive, ognuno con la sua storia, e perciò riservarsi un enorme rispetto unito a tolleranza e correttezza umana. Nulla di tutto ciò potrebbe essere fatto in maniera così profonda con le parole, o potrebbe essere risolto con una frase… bisogna invece togliere tutte queste lettere che ci vengono somministrate costantemente e focalizzarci su quello che è il corpo, il movimento, la profondità di un gesto. Per questo ho ritenuto doveroso rispolverare la figura del clown: per mostrare la sua potentissima vibrazione scenica, quanto il “far ridere” del pagliaccio sia solo un millesimo delle sue capacità umane ed espressive.
– Filippo Bonacchi

DOMENICA 4 FEBBRAIO ORE 17:00

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